Gario Zappi
AMOR RIPAE ULTERIORIS
(1999-2000)
I
trasvolato: sogno irto, vetusto, sconnesso
ingrigito dal livore di anni, sull'acrocoro
un pronao di ghiaccio, la via lunga, gli alberi
defraudati: il mirto rimpiange, il viburno
reclama. Il cielo: un alveo di fiume siberiano e,
lontano, le sabbie di Kato Zakros, le rocce,
i labirinti di pietra
II
cielo-vertigine, occhiglauco, borborigmi infantili, o
sibilo del rio terso. Cielo che nei sette cerchi del
labirinto di fortuna, senza agnizione, senza
dubbio lancinante: io, lei
(e tu?)
III
(a V.L.)
bimba di fiaba dagli occhi taglienti
la storia t'involve nei suoi possedimenti,
filastrocca crudele, spasimo, schianto, è una
senza rimpianto: ecco la vita
o la dipartita, ecco il sentore di un grande
clamore, il non riconoscersi, il dormire
il non poterne mai uscire: filastrocca crudele
che ha il nome di
Vita
IV
contrade sferzate dal vento griseo, greve
di sogni svaniti, d'irti segni. E la via francigena,
l'ultima Thule: quanto ostro, indifferenza
trafugata, la staffilata, animula biandula vagula
V
In memoriam V S
alla distanza il Tempo spicca il volo
spicca all'aura di parole il Tempo spicca
al tunnel l'aura di parole
VI
scarniti all'alba frale il viale dei suicidi,
le siepi troncate, le arpie nerastri di volubili
nubi i fiordalisi dell'Ade
VII
e ora rivedi il circolo tenue, svanisce
il tracciato, svanisce sull'orma la sabbia,
o Thoth silenzioso, focoso, che dolce disseti
tra silenti colonne tebane, o armoniose
colonne agrigentine
irto di segni, repentino,
il tuo lembo sereno
VIII
IX
volubile sogno, irto di mistero
svanisce, alito, l'algido rabesco:
tre rose, gialle, nel cristallo
X
certo, sei come un cielo, tu,
certo, volubile, serena, sei tu.
all'irto destino, all' abbrivio sfumato
sicumera, divo sperso, iridio di giorni
spenti. Faville, sincopi di liuti desueti:
vaniloqui
XI
tiglio che smemora i proprii cerchi trascorsi,
tempi morti d'argute tarme e xilografi grifagni:
quante cotiledoni, coltelli smussati, quanti
rostri, grimaldelli ingrippati:
raspate, rugginose
XII
poesia di Nonno Antonio
Il sole s'è già levato su Nocara
rendendo ancor più lucente 1'azzurro Cielo
(sono le ore sette di questo mattino ventisette)
rendendo più belle le tre vette del Pollino
che luccican maestose come bianche lenzuola
di pregiato lino. Lo guardo e mi pare
d'esser vicino, con l'affetto del piccino
tra le braccia della cara Mamma
che gli carezza il piccolo nasino.
Senise, 27 febbraio 1991
XIII
di albe sulfuree, cieli martoriati, di fissili
sentenze sempiterne obiezioni: quali i sensi
rinverditi, le abiezioni, quali i sempiterni
sempreverdi:
ritrovati?
XIV
o cielo-porfido, granito: reietto e
scolorito il velo, la sintassi, i sintagmi del
vero sui sentieri rimemorati:
sperduti?
XV
senza tempo vuoto d'attesa,
cielo-ruga, smorto: dura
scorza al guscio rugoso s'incrina
(tuorlo)
e albume
l'orma: passa glauco
il Tempo