ALBERTO BERTONI

QUATTRO POESIE

 

Firenze Sud

per Elisa Biagini

Come sono fatti
i morti con i quali
tutti i giorni chiacchiera mio padre?

Fai presto a dire della stessa
stoffa che compone i sogni
fisionomie schizzate in poche
macchie di colore
o nella notte lucide visioni
d’estate a Firenze Sud
- e Bartali va bene
spianava il Tourmalet
ma l’ectoplasma di Montale…

So solo che tornano ogni tanto
anche da me
e mi passano davanti
salutando la sera
come vicini con i quali
ascoltare il lieve
scricchiolare dell’aria
scambiare una lunga
immobile tensione
mentre guardiamo
in faccia la giornata
e con fare di gatto la sua danza
scivolare nell’atrio

 

Meriggio & Ombra

Una mummia che singhiozza
l’imbuto di fango
e qualcosa nel paesaggio di più chiaro
Bologna fino al primo campanile
di Minerbio o Castenaso
ma l’ala dell’aereo ha già cacciato
lontano dal mio sguardo questo viso
se a non dare una voce
nessuno nel seccume si fa vivo
di un cielo senza nuvole, grigiastro
mio padre sullo sfondo che ha trovato
il suo punto di fuga, infilato la giacca
nonostante il terribile caldo
tutt’uno con l’ombra di un altro
meriggio disperato

 

Underworld

Anche senza l’orrore del mattatoio
so che si può soffrire molto
nel quotidiano vuoto, bianco
di una casa normale, all’ora
della cena trascritta su un foglio
per non dimenticare cosa c’era
- prosciutto, cracker, un’arancia,
quel po’ di cioccolato

Lo so perché lo provo
ogni pomeriggio a tramonto
appena cominciato
nello sguardo bluastro di mio padre
sospeso tra la fame
e la voglia di salvarlo
con unghie disperate
almeno quel lampo di sottosuolo
in fuga dal suo pozzo di fantasmi, nomi
abrasi e volti
cancellati

 

Il saluto

Salutali tutti, digli a tutti addio
bagnino, giocatori di bocce, ambulanti
perché non ci viene nessuno
alla secca infuocata
che per amore di figlio
attraverso stanotte al tuo posto
studiando la consistenza delle crepe,
la sabbia, l’abilità dei rovi a conquistare
ogni centimetro di viaggio

Menù di fiume misurando
l’ossessione di fari e zanzare
- è venerdì, mezzo mondo si dedica al dragaggio
mentre io solo il pioppo posso amare
albero-madre e tronco
dal quale è ancora umano
fare delle lacrime un fogliame
fitto, lassù, quello più in alto
di brividi argentini e chiacchiericcio
quando qua in basso
si parla già con la tua voce d’oggi
flebile, roca, ormai non più di padre
tanto anche me da un pezzo
hai salutato