EROS DRUSIANI
TORQUATO E IL CAVALLO PARLANTE
C'era un signore di nome Torquato che aveva un cavallo che non parlava. Non ci sarebbe stato nulla di strano se quel signore non avesse da sempre creduto che il suo cavallo sapesse parlare. Se non lo si era mai sentito - egli diceva - era per via della sua natura taciturna e del suo carattere riservato. Il signor Torquato, che di mestiere faceva il barrocciaio e di natura taciturna non era, continuava così a ripetere a tutti coloro che incontrava che il suo cavallo, oltre ad essere un bellissimo animale, forte ed infaticabile, sapeva anche parlare. Inutile dire che per questa sua stravaganza era diventato lo zimbello del paese, ma egli non se ne curava. Anzi, più lo si derideva più si radicava in lui quella stramba convinzione. A tutti coloro che dicevano "Non si è mai sentito nessun animale parlare" Torquato rispondeva che in Oriente vi erano uccelli simili ai corvi che parlavano la lingua degli uomini e che anche nella Bibbia il profeta Balaam possedeva un asino parlante.
"Il cavallo è il profeta e tu sei l'asino parlante!" sghignazzavano allora tutti quanti ed alcuni, i più mascalzoni, insistevano: "Se sei tanto sicuro che il tuo cavallo sappia parlare perché non scommetti con noi?"
Torquato però si rifiutava di scommettere convinto che fosse come rubar loro i denari e stupito di tanta ottusità se ne andava scuotendo il capo..
Ma il divertimento per alcuni è tale solo se condito con l'interesse e la crudeltà, così una mattina Torquato, che col suo cavallo stava recandosi al mercato, s'imbatté in un gruppo di giovinastri che videro nella mania di quel barrocciaio e un sollazzo e un modo per guadagnare qualcosa. Uno sbruffone che di quella sinistra compagnia era il capo si piazzò al centro della strada impedendogli il passaggio.
"Fermati, fermati. Sei tu quello del cavallo parlante?"
Torquato, scendendo dal carretto e carezzando il suo baio rispose: "Si, sono io quell'uomo fortunato"
"Che tu sia fortunato lo vedremo fra poco. Io dico che la tua bestia non è in grado di biascicare una parola e che tu sei un bugiardo!"
La gente, che conosceva Torquato ed anche il suo arrogante interlocutore, si avvicinò preoccupata ma ancor più incuriosita. Il barrocciaio allargò le braccia e si difese.
"Io non sono un bugiardo... Il mio cavallo sa parlare. Ma non ho bisogno che tu lo creda perciò spostati e lasciaci passare!"
"Tu non te ne andrai fino a quando il tuo cavallo non avrà parlato"
"Il mio cavallo parlerà solo quando ne avrà voglia e non perché lo ordina uno scavezzacollo come te!"
Poi Torquato, prese le redini in mano, fece per andarsene. Quei farabutti però lo ricacciarono indietro e gli intimarono di far parlare il cavallo. Al rifiuto di Torquato intervenne nuovamente il capobanda: "Ora noi due faremo una bella scommessa"
"Io non scommetto mai!"
"Questa volta invece lo farai e poiché sei tanto sicuro ti giocherai la vita della tua bestia! Se il cavallo parlerà ve ne potrete andare altrimenti..."
E così dicendo estrasse un coltello a serramanico e ne fece sinistramente scattare la lama provocando una risata fra i suoi accoliti e un brivido nelle schiene delle tante persone che, attirate dagli schiamazzi dell'esagitato, erano accorse.
L'arrogante giovinastro, facendo roteare il coltello insistette: "Allora? Fallo parlare altrimenti lo scanno!"
Torquato si guardò intorno in cerca di aiuto ma sebbene vi fosse ormai una piccola folla nessuno si mosse a difesa del povero carrettiere, sia perché il coraggio è una rara virtù sia perché la curiosità era più grande di ogni senso di giustizia.
Torquato allora guardò la lama che brillava al sole, pensò al suo cavallo in balia di quell'energumeno e si decise: "E va bene, chiederò al cavallo di parlare, ma sarà la prima e l'ultima volta che lo farò"
"Credo anch'io che questa sarà l'ultima volta!"
A quelle parole alcuni sghignazzarono mentre altri risero sguaiatamente. Torquato però, senza curarsi di costoro si avvicinò al suo baio e gli sussurrò all'orecchio: "Caro cavallo mio, la stupidità degli uomini è davvero senza limiti. Io ti chiedo per la prima volta, e ti prometto che sarà l'ultima, di parlare"
Ora nessuno fiatava. Sembrava stessero tutti aspettando in silenzio... il silenzio.
Poi Torquato si staccò dal cavallo e si rivolse al tracotante giovinastro: "Ascolta e poi lasciaci andare!"
"Io ascolto, ascolto ma che cosa? Qui non si sente nulla. Forse è diventato improvvisamente muto..."
"Perché hai detto che avrei parlato, io non so parlare"
Tutti guardarono il cavallo soffocando un grido di meraviglia. Allora era vero, aveva ragione Torquato: il suo cavallo sapeva parlare.
Per lo spavento il giovinastro lasciò cadere il coltello e andò a rifugiarsi fra i suoi compagni come lui impauriti e sconcertati.
Per alcuni secondi che sembrarono ore tutti rimasero con la bocca e gli occhi spalancati, anche il cavallo!
Solo Torquato non era stupito; da sempre sapeva che il suo era un cavallo parlante. Così, come le acque del mare si aprirono davanti a Mosè, la folla si scostò e fece passare il barrocciaio che, rimontato a cassetta, come tutti i giorni andò al mercato.