FRANCO FOSCHI

IL TEATRINO NEL SALOTTINO

MUSICA PER ASTIO E BATTIBECCHI

una pièce per musicisti incalliti
Un palco vuoto. Quattro musicisti seduti, il direttore in piedi. La pièce sta iniziando ora, ma tutti sembrano già molto stanchi.

 

 

I° PERSONAGGIO, LO SVOGLIATO: Maremma, quanto sono stanco…

DIRETTORE: Ma come, sono solo tre ore che proviamo.

II° PERSONAGGIO, IL SEMPLICE: Io però ho fame… ma veramente.

III° PERSONAGGIO, IL MORDACE: Infilati un panino nella bocca del corno, così oltre a sfamarti ci fai anche riposare le orecchie.

D.: Ehi, calma. Vediamo di mantenere ancora un po’ di concentrazione, dobbiamo ancora provare due o tre cosette…

III° P.: Senti, capo, perché non ti metti su un bel disco?

IV° PERSONAGGIO, IL DEPRESSO: Davvero, capo, io avrei bisogno di… di… di…

III° P.: Grande! Non sa neppure di cosa ha bisogno!

D.: Silenzio, serpe! (rivolgendosi al depresso): Senti, stasera è chiaro che non sei in forma: che ti è successo?

(silenzio, l’interpellato non risponde)

I° P.: Senti, capo, visto che lui non è in forma, non potremmo riposarci un poco tutti?

II° P.: Ma io non sono stanco, ho fame.

D.: Va bene, dopo il prossimo pezzo facciamo una pausa. Forza, cominciamo.

(suonano. Il pezzo è però davvero mal suonato)

D.: Complimenti! Una vera schifezza (rivolto al IV° P.) Di grazia, posso sapere che ti è successo? O ci lasci immaginare liberamente le peggio cose?

IV° P. (sospirando): Mia moglie mi ha lasciato.

III° P.: Tutto qui? Ammetterai che è molto meglio che avere un cancro.

I° P.: Dai, non essere così cattivo, vorrei vedere se succedesse a te.

III° P.: No grazie, ho già dato.

D.: (rivolto al IV° P.): Mi spiace davvero, ma è una pausa di riflessione o cosa?

IV° P.: Cosa, cosa. Non torna di sicuro, perché…

III° P.: Dai, non rompere, lo sappiamo già il perché: è una questione di centimetri di carne, no?

(il IV° P. piagnucola)

I° P. (rivolto al III° P.): Sai che quando vuoi, cioè sempre, sei un vero bastardo?

III° P.: Perché non hai ancora visto quando non voglio.

II° P.: Su, non litighiamo. Potremmo andare a mettere qualcosa nello stomaco, per rilassarci.

D.: Ho una proposta migliore: suoniamo, serve sempre.

(suonano, ma si fermano presto)

I° P.: Sì, però io sono stanco davvero.

II° P. E io ho fame.

III° P. (rivolto al IV° P.): Visto come sono interessati all’anima, i tuoi amici? Dai, confessati con me, che non ti darò nessuna speranza.

D. (anche lui rivolto al IV° P.): Lasciali perdere, dimmi piuttosto se vuoi parlarne, se ti può servire in qualche modo raccontarci la questione. Così magari dopo suoni meglio.

III° P.: Evviva l’anima!

IV° P.: Non so… io… (rivolto al III° P.) beh, ha ragione lui, c’è un altro tizio che…

III° P.: Bingo!

D. (rivolto al III° P.): Taci un attimo, anche se non ti è congeniale: è un’esperienza che talvolta dà delle soddisfazioni (rivolto al IV° P.) Dicevi?

IV° P.: Beh, ecco, questo tizio l’ha conosciuto in una palestra, faceva una roba che si chiama street o strept, una cosa così, e lui è l’insegnante.

III° P.: Lo step! Allora è gay. La cosa si fa interessante

I° P.: Piantala, deficiente, lascialo raccontare, così almeno per un po’ non devo sfiatare dentro a ‘sto coso (mostrando il suo strumento)

III° P.: Motivo altamente altruista.

IV° P.: Non potremmo telefonare a una pizzeria, mentre lui racconta, così…

D.: Insomma, vogliamo ascoltarlo o no?

III° P.: Possiamo rispondere liberamente?

(il I° P. gli dà uno scappellotto)

IV° P.: Insomma l’altra sera è arrivata a casa e mi dice ‘non posso più mentirti, mi sono innamorata di ‘sto tizio, e vado a vivere con lui’. ‘E i nostri figli?’ ho detto io.

III° P.: Te li tieni, ha detto lei.

D.: Se non taci sai dove te lo infilo il tuo flauto?

II° P.: Uffa, non litigate! E’ un momento serio, questo. Si potrebbe alleggerirlo solo con qualche buon panino imbottito… Altrimenti suoniamo un po’, così mi dimentico l’appetito.

(tutti più o meno d’accordo, suonano un breve pezzo)

I° P. (rivolto al IV° P.): Allora, giovane Werther, vai avanti. Un bel racconto lungo, che ho bisogno di sgranchirmi le nocche.

IV° P.: Che volete che vi racconti, sono disperato…

III° P.: Perfetto! Così la pianterai di sperare in qualcosa, e non sarai mai più disperato.

D.: Però non c’è disperazione, quando suoni. C’è rinuncia, la disperazione invece è una cosa che sbatte, piena di forza, tu invece sei languido, suonando, anzi sei rinunciatario, e distratto.

I° P.: Dai, capo, non puoi pretendere che sia troppo concentrato. Pensa solo un attimo se Elena…

D.: Sciacquati il sedere, prima di parlare. E comunque non puoi parlare di mia moglie, a nessun titolo.

III° P.: Ne siamo proprio sicuri?

(il Direttore avvampa, o comunque fa gesti come se si fosse improvvisamente contratto. In generale, sembra furibondo)

II° P.: Calma (rivolto al Direttore) Capo, lo stai ancora ad ascoltare, quello lì, come se tu non lo conoscessi! Adesso io telefono a un ristorante cinese e ci faccio portare…

III° P.: Per me un bel niente. Non ho fame di gatto in mille salse e di verdure marce bollite puzzolenti.

IV° P.: Oh, scusate, io non volevo creare del malessere, solo che…

I° P.: No, scusaci tu, facciamo tanto i gonfi solo perché ce lo possiamo permettere.

III° P.: Per ora. Tua moglie non è per caso che va in palestra?

D.: Insomma, deficienti, ormai è chiaro: abbiamo un solo modo per comunicare, noi cinque. Dai, andate a pagina 26.

(suonano)

I° P.: Sei soddisfatto adesso, capo? Questo mi è parso ottimo. Ora però sono davvero stanco.

II° P.: Io no, però ho fame.

III° P. (rivolto al IV° P.): …e del nostro amico qui non ce ne frega una cippa…

IV° P.: Scusate, ma io non vorrei che vi preoccupaste per me…

III° P.: OK, affare fatto.

D.: No, attenti, secondo me è il momento buono per correggere un paio di imperfezioni che abbiamo ancora.

III° P. (indicando il II° P.): Nel suo caso però ci vorrebbe il chirurgo plastico, aiutato da un dietologo di fama.

I° P.: Vi ricordate, al catechismo? ‘Sopportare pazientemente le persone moleste’. Cos’era, una virtù teologale, un comandamento, boh…

III° P.: Semplicemente è un dovere, e sto parlando di me nei vostri confronti.

D.: Volete sapere una cosa, buffoni? Io vi ho trovato questo contratto. Io vi ho messi d’accordo per stabilire il calendario. Io ho contattato la stampa specialistica. Io ho curato la pubblicità. Io vi farò riempire i teatri. Sono stanco della vostra indolenza, delle vostre stupidaggini. Quasi quasi mollo tutto e vi mando a suonare alla sagra della castagna a Marradi.

I° P.: Su, capo. Ho solo detto che sono un po’ stanco.

II° P.: Dai, capo, non è un peccato mortale avere fame.

IV° P.: Scusa, ora mi concentro, lo so anch’io che la musica… (fa un gesto vago con la mano)

D. (rivolto al III° P.): E tu? Non hai niente da dire?

III° P.: Io? (fa una buffa svisata col suo strumento)

(suonano)

III° P.: Uff! E adesso, i potenti mezzi della nostra organizzazione non ci permettono nemmeno una bottiglia di acqua minerale?

II° P.: Ma io non ho sete, ho fame…

I° P.: Davvero, capo, solo una pausa, è che ieri sera ho messo su ‘Pierino e il lupo’ e mi sono addormentato sul divano.

II° P., III° P., IV° P, in coro: COSA HAI FATTO?

I° P.: Beh, può succedere… Mi sono svegliato a metà notte, il disco sarà ripartito almeno cinque volte, ero tutto anchilosato e più stanco di prima…

D.: Va bene, chiunque può avere dei problemi, posso capire, per chi mi avete preso, non sono mica Pinochet.

III° P.: Io per la verità avevo pensato a Gengiz Khan. O Attila, cose così.

I° P.: Sei gradevole come una colica renale. Ma la cosa più grave è che credi di essere spiritoso.

III° P.: La grappa è spiritosa. Pensa che la mia massima aspirazione è quella di stare sulle palle a tutti.

I° P.: Devi cambiare obiettivo. Perché non è un’aspirazione, è un traguardo raggiunto.

D.: OK, sentite, in realtà mi piace, che siate così carichi. Un po’ di cattiveria in quello che suoniamo ci deve essere, dà grinta, sostanza. Riprendiamo dunque, non posso darvi una pausa adesso, mi sembra che stiamo andando benissimo.

II° P.: Ma io ho fame, veramente…

III° P.: Niente fame, niente sete, niente pisciare, coraggio, avanti miei prodi! Qui si sta facendo la Storia!

I° P.: La storia dell’asinità, forse… (rivolto al IV° P.) Olà, depresso, suona che ti fa bene!

IV° P.: Cosa? Ah, sì, dov’eravamo rimasti?

D.: Bravi ragazzi, così mi piacete!

(suonano)

D.: Ottimo, davvero bene! Dai, ragazzi, non siamo ancora perfetti, ma ancora qualche prova poi quando cominceremo a girare per i teatri…

III° P.: Insomma basta, piantala, non ti sopporto più, chiacchierone maledetto (guardando gli altri) Volete mettervelo in testa, coglioni, che non ci sarà nessuna turné?

(qualche secondo di gelo)

I° P.: Che… che stai dicendo?

III° P.: Sì, è così! Mi sono informato, ‘sto balordo, ‘sto infingardo, non ha organizzato un bel niente, non ci sono contratti, non ci sono contatti, stampa, pubblicità, tutte balle!

(tutti guardano il direttore)

IV° P.: Beh, non dici niente? E’ vero?

(il Direttore rimane a testa bassa)

II° P.: Allora? Di’ qualcosa!

III° P.: Cosa volete che vi dica? Che è un fallito? Che non riesce a cavare un ragno dal buco? Che chiunque contatta lo snobba? Che dicono di lui che è un gran rompiballe e basta? Sapete come lo chiamano, nella sua orchestra? Rigoletto (rivolto al Direttore) E devo anche raccontare che lavori lì solo perché sei il nipote di…

I° P.: Va bene, fermati un attimo, non esagerare (rivolto al Direttore) Adesso sei tu che devi dirci come stanno le cose.

D. (timidamente, ha perso tutta la sua energia dittatoriale): Sì, ecco… E’ vero, non ci sono contratti, ma… Ecco, non volevo deludervi, e poi ho ancora dei contatti, e…

I° P.: Sono allibito. Ci hai fatto un mazzo così per mesi e non abbiamo niente per le mani…

III° P.: Mi fa venire in mente i venditori di caldarroste: te ne vendono dieci, e otto sono marce.

IV° P.: E tu, allora? Perché non ci hai detto niente prima?

III° P.: Boh, non so, ma hai ragione, ho sbagliato. In fondo però volevo vedere come se la cavava questo fanfarone. Diciamo che è stata una curiosità sociologica, a farmi tacere: la curiosità di vedere come ci si possa salvare dal linciaggio accumulando menzogne su menzogne.

D.: Però sei crudele, mi hai detto delle cose…

I° P.: Lascia perdere, non aggravare la tua posizione. Io però voglio capire perché.

(silenzio per alcuni istanti, intenso)

D.: Beh, amici…

III° P.: Ehi, piano con le parole.

I° P.: Taci, vipera (rivolto al Direttore) Vai avanti.

D.: Insomma, voi tutti sapete… beh, se non lo sapete ve lo dico io, quanto io ami la musica. Visceralmente, e anche con tutta l’anima, e con tutta la patologia. Ho sposato Elena perché è figlia di Maestroni, un mito… Così Elena, già rovinata dal padre, poteva sopportare anche me. Altrimenti non mi sarei mai sposato. Io vivo per la musica…

III° P.: Il problema è un altro: la musica vive per te?

D.: Io… non lo so, anzi sì: un giorno ho scoperto che beh, non sarei mai stato lo strumentista che volevo diventare. Ho scoperto che tutto ciò a cui mi accingevo diventava merda, nient’altro che merda. Ma voi, ci avete mai provato a far sì che una passione non esista? Sapete cosa vuol dire amare terribilmente, e terribilmente fallire nel proprio amore?

II° P.: Ehi capo, siediti, hai una cera pessima.

III° P.: Ti do il permesso di non chiamarlo più capo.

I° P.: Piantala, iena. Anche gli stronzi capiscono quando non è più il caso di insistere.

D. (dopo una breve pausa di silenzio): Io… io mi stavo perdendo. La routine mi stava sconfiggendo, sempre la stessa musica, le stesse chiacchiere, non sapevo più chi ero. E poi ho incontrato voi, siete tutti bravi, voi avete voglia, voglia di sperimentare, ho sentito dentro di me che qualcosa poteva cambiare… Ma siete tutti dei professionisti… Potevo chiedervi di suonare solo per la musica, e in fondo di suonare solo per me, per la mia depressione, per le mie angosce?

I° P.: Per quanto mi riguarda, sì. Ora invece hai rovinato tutto.

III° P.: Bah, non farla così tragica. Secondo me non c’era un granché da rovinare.

II° P.: Ma senti, capo, non avresti potuto dirci almeno qualcosa, senza sparare tutte quelle balle?

D.: Io… io credevo…

IV° P.: Tu credevi che fossimo tutti scemi, altroché.

D.: Perdonatemi… mi… mi sento davvero male. Potremmo suonare un poco?

(tutti si guardano un po’ istupiditi. Poi il III° P. fa spallucce, e per primo imbraccia lo strumento. Gli altri lo seguono. Suonano)

D.: Voi non potete immaginare il sollievo che provo quando suoniamo così bene.

III° P.: E come farai, adesso, col tuo spropositato ego? Adesso che nessuno di questi gonzi ti chiamerà più ‘capo’?

D.: Ma… non suoneremo più assieme?

I° P.: Io più che suonare con te vorrei suonartele.

III° P.: E io più che provare questi pezzi proverei tua sorella.

II° P.: Ehi, capo, secondo me non è che sei poi così male. Ma se devo dirti la verità io più che voglia di suonare, adesso, ho fame.

IV° P.: Senti, se vuoi, io sono disponibile. Sempre meglio che stare in casa a martellarmi i calli pensando a mia moglie.

III° P.: Ehi, sai che senza quell’aria da bulletto del golfo mistico sei più carino? Sei quasi umano. Che non è poi ‘sto gran complimento, visto che sei un uomo…

I° P.: Allora tutto bene, tutti fanno la pace, tutti si baciano in bocca e alla fine suonano? Non so, a questo punto, se fate più la figura di stronzi voi o lui.

III° P.: Io non faccio la figura dello stronzo, io sono stronzo.

D.: Sentite, scusatemi, ho sbagliato, sono un verme, ma l’ho fatto per solitudine, per dolore.

III° P.: Tempo. Il verme non direbbe mai di sé che è un essere strisciante. Lascia stare l’autocommiserazione, quella si addice di più ai politici.

II° P.: Va bene, capo, ora facciamo un ultimo pezzo poi si va a mangiare. Davanti a un piatto di spaghetti potremo discutere meglio il da farsi.

I° P.: Siamo proprio degli idioti. Dai, suoniamo.

(suonano. Al termine si alzano in piedi e cominciano a riporre gli strumenti. Il Direttore è come ipnotizzato)

D.: Non so proprio come ringraziarvi, dopo tutto questo avete voluto ancora suonare con me, siete davvero degli amici e…

III° P.: Senti, i complimenti conservali per tua sorella, e faglieli da parte mia. Poi stai zitto. Il mio rilevatore di scemenze s’è surriscaldato, stasera.

IV° P. (rivolto al Direttore): Se proprio devi fare qualcosa, vergognati.

I° P.: Dai, basta ora, dobbiamo tutti calmarci. Una bella dormita è proprio quello che ci vuole, poi ci sentiamo domani, e si vedrà.

II° P.: Ma io non ho sonno, ho fame!

FINE