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“Andy Warhol. Pop Art & Textiles” da Londra a Biella, il volto pre-Pop e le icone del genio americano
Notizie dall'arte
Giovedì 13 Novembre 2025 22:10

 

A Palazzo Gromo Losa e Palazzo Ferrero dal 31 ottobre al 6 aprile 2026 un viaggio nel cuore dell’opera e dell’immaginario di Andy Warhol. Oltre 150 opere tra serigrafie, foto, riviste, cover di vinili, ceramiche, manifesti e per la prima volta in Italia circa 50 tessuti, abiti e disegni originali provenienti da Fashion & Textile Museum di Londra.

 

Andy Warhol è una costellazione di identità che si rincorrono e si moltiplicano: illustratore e designer, artista e regista, collezionista e icona pop. Come avrebbe scritto David Bowie, suo naturale erede, l’unico modo per essere davvero se stessi è non esserlo mai del tutto.

I molti volti di Warhol si intrecciano come pattern in un tessuto visivo, nella città del tessile per eccellenza, Biella, con la mostra “Andy Warhol. Pop Art & Textiles” (31 ottobre 2025 – 6 aprile 2026), inaugurata il 30 ottobre alla presenza delle istituzioni — organizzata da Palazzo Gromo Losa Srl, società strumentale della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e Creation in collaborazione con il Fashion and Textile Museum di Londra.

Un’esposizione che si articola in due sedi. A Palazzo Gromo Losa, dove sono presentate alcune delle sue più celebri serigrafie, insieme a fotografie, manifesti, art cover e altri materiali, restituendo il ritratto di un artista capace di reinventare il concetto stesso di immagine. E a Palazzo Ferrero, dove prende forma la sezione The Textiles dedicata al Warhol pre-Pop e al suo lavoro di designer per la moda americana.

Una mostra che scardina gerarchie e categorie, unendo arte, design e produzione in un’unica visione culturale, e restituendo al tessile — come aveva già intuito la decana del design tessile americano Ruth Reeves — il suo pieno statuto di arte applicata, capace di incidere sulla vita quotidiana forse ancor più di un dipinto o di un’architettura.

 

“Andy Warhol e Biella: un viaggio al centro della pop art nella città creativa Unesco del tessile, una sfida e un’opportunità per tutto il territorio - afferma Michele Colombo, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella - un progetto in cui come Fondazione crediamo e abbiamo voluto investire, ancora una volta, in ottica generativa. Perché una mostra non è mai solo un’esposizione di opere il cui valore può essere determinato contabilmente dalla misura degli scambi commerciali che le riguardano, ma è sempre e comunque un viaggio fatto di anima, cuore, comunicazione e che vive della capacità di parlare a tutti, anche a chi in un museo magari non ha mai messo piede. Tutte le grandi mostre presentate al Polo del Piazzo negli ultimi anni sono nate con questa filosofia, una filosofia inclusiva che aspira a fare in modo che Biella possa unirsi in un progetto comune, in un nuovo modello di attrattività territoriale a tutto tondo che abbia al centro la cultura e la formazione. Per questo ancora una volta abbiamo offerto la gratuità a tutte le scuole e per questo siamo promotori di collaborazioni ed eventi collaterali che dalla mostra partono per raccontare il Biellese. In questa occasione dunque il mio grazie è per tutti coloro che hanno creduto e collaborato al progetto”.

 

“Biella - aggiunge il Vice-Sindaco Sara Gentile - è una città con una radicata cultura del tessile. Accogliere un progetto che mette anche in luce gli inediti aspetti legati alla produzione artistica di Andy Warhol sulle stampe tessili rappresenta un’occasione di visibilità in connessione con la storia della nostra città. L’iniziativa prosegue il percorso delle precedenti esposizioni, grazie alla fruttuosa collaborazione fra Fondazione CRB e Comune di Biella, confermando come la cultura possa diventare un autentico motore di crescita e valorizzazione per il territorio.”

 

“Warhol è stato un artista poliedrico - continua Umberto Pastore, amministratore delegato di Creation - un riferimento per tutti coloro che hanno innovato e sperimentato negli anni '60, '70 e '80. La nostra esposizione, frutto di un intenso lavoro di squadra con il personale della Fondazione, i partner di progetto e i prestatori, si propone di cogliere la complessità della sua persona, con l’obiettivo di facilitarne la comprensione e di creare connessioni inaspettate, anche con la storia del territorio. Questo approccio rispecchia pienamente la metodologia di Creation, fondata su uno studio approfondito e accurato dei contenuti, seguito da una progettazione volta a promuoverne la divulgazione e a rendere l’esperienza accessibile e memorabile a un pubblico diversificato”.

 

L’ARTE TESSILE PRE POP DI WARHOL
A Palazzo Ferrero si potrà ammirare una preziosa selezione di circa cinquanta tessuti,  abiti e disegni originali di Andy Warhol, a cura di Geoff Rayner e Richard Chamberlain, direttamente dal Fashion & Textile Museum di Londra. Un corpus raro e sorprendente, che rivela il talento del giovane illustratore e designer prima che diventasse un'icona assoluta della Pop Art, e che documenta il suo straordinario periodo pre-Pop: gli anni in cui la moda, la grafica e la pubblicità furono il suo primo laboratorio creativo.

 

"Andy Warhol: The Textiles - spiega Dennis Nothdruft Head of Exhibitions at the Fashion and Textile Museum - è una mostra che presenta nuove e continue ricerche su un aspetto poco conosciuto della carriera di Andy Warhol. Warhol fu un artista commerciale di grande successo a New York, e questi tessuti e capi di abbigliamento rappresentano un decennio di scoperte in questo ambito. I disegni tessili mostrano le prime illustrazioni di Warhol e anticipano alcune delle idee che avrebbe poi sviluppato nella sua opera, come il più importante artista pop del XX secolo".

 

Negli anni Cinquanta, nella New York del dopoguerra, Warhol era già un nome di culto tra i creativi della moda e della comunicazione. Lavorava come grafico freelance per riviste come Glamour, Harper’s Bazaar, Vogue e Seventeen, e per marchi di lusso come Miller Shoes, Bonwit Teller, Tiffany’s e Fleming-Joffe. Fu proprio per una pubblicazione di Glamour, nel 1949, che un refuso trasformò per sempre il suo cognome da “Warhola” a “Warhol”.

 

Da quel momento, il giovane designer sviluppò uno stile personale immediatamente riconoscibile: la celebre blotted line, una linea irregolare e frammentata ottenuta tamponando l’inchiostro fresco su carta assorbente, che produceva contorni vibranti e imperfetti. Quella calligrafia nervosa e giocosa, unita alla ripetizione di piccoli motivi decorativi, anticipava già la poetica seriale che avrebbe definito le sue “Campbell’s Soup” e le sue “Marilyn”.

 

I tessuti di Warhol — esposti oggi a Biella — nascono da questo linguaggio. Disegni leggeri e ironici popolano i pattern: scarpe appuntite e cappelli, farfalle e frutti, gatti e bottiglie, bottoni e animali da giardino. Sono novelty prints, le cosiddette “stampe conversazionali”, nate per la moda americana degli anni Cinquanta, in cui la quotidianità diventa racconto visivo. Warhol traduce in segno la vita dei grandi magazzini, delle vetrine, dei rotocalchi, inventando una grafica capace di parlare a tutti.

 

Nelle sale di Palazzo Ferrero prendono forma alcuni dei soggetti più emblematici di quella stagione pre-Pop: le farfalle di “Happy Butterfly Day” e “Large Butterflies”, i clown e i cavalli circensi di “Acrobatic Clowns and Horses”, le file ordinate di “Pens, Pencils and Brushes”, i frutti brillanti di “Lemons” e “Melons”, fino alle sofisticate stampe di “Buttons, Candy Apples e Ice Cream Cones” realizzate per Stehli Silks Corporation. Accanto ai pannelli tessili, anche abiti originali — gonne, boleri, costumi da bagno e vestiti in seta o cotone stampato — restituiscono la freschezza di un’epoca in cui l’arte abitava la moda.

 

Nei primi anni Sessanta, la collaborazione con Stehli Silks Corporation di New York segna il punto d’arrivo di questa fase. I tessuti prodotti tra il 1962 e il 1963 su seta, cotone, lino e le nuove fibre sintetiche del tempo — come il poliestere — rappresentano l’ultima stagione della sua attività di designer commerciale, ma anche la soglia d’ingresso nella Pop Art. I motivi si semplificano, le immagini si moltiplicano, il consumo diventa linguaggio.

 

Come ricordava Tina Fredericks, sua prima direttrice artistica, “le linee d’inchiostro di Andy erano elettriche, spezzate, magnetiche: coprivano lo spazio come carta da parati. Solo più tardi capimmo che annunciavano le sue infinite serie di bottiglie di Coca-Cola, teste di mucca, Marilyn e Mao”.

 

La sezione offre dunque uno sguardo inedito sul Warhol designer, rivelando le radici grafiche della sua estetica e la nascita del suo universo visivo. Una sezione che, a Biella – Città Creativa UNESCO, trova un terreno simbolico d’elezione: qui, nel cuore del distretto tessile italiano, dove ancora oggi sopravvive una filiera produttiva completa, il tessuto è cultura materiale e memoria viva. La mostra dialoga con questa identità profonda, con il saper fare artigiano e con gli archivi d’impresa che raccontano storie di innovazione e continuità. In questo contesto, il tessuto non è solo materia ma linguaggio: la prima trama di una rivoluzione che avrebbe reso la cultura pop un’arte globale e d’avanguardia.

 

PALAZZO GROMO LOSA
Le sale di Palazzo Gromo Losa accolgono un viaggio dentro l’universo visivo di Andy Warhol. Circa centocinquanta opere, provenienti da collezioni private raccontano la parabola creativa e umana di uno degli artisti più rivoluzionari del Novecento, capace come nessun altro di trasformare la cultura di massa in linguaggio estetico. Serigrafie, fotografie, polaroid, copertine di vinili, riviste, ceramiche e materiali pubblicitari compongono un mosaico in cui l’arte si confonde con il quotidiano, la ripetizione diventa icona e la merce si fa mito.

 

Il percorso espositivo, curato da Alberto Rossetti e Vincenzo Sanfo, si apre con la sezione dedicata alle copertine dei vinili, primo laboratorio di sperimentazione grafica per il giovane Warhol, che tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta collabora con le principali case discografiche americane. Dalle prime edizioni per Columbia Records, come “A Program of Mexican Music” (1949), fino a capolavori del rock come “The Velvet Underground & Nico” (1967), “Sticky Fingers” dei Rolling Stones (1971) e “Made in Italy” di Loredana Bertè (1982), le sue cover raccontano l’evoluzione del gusto visivo di un’intera epoca. Ogni disco diventa un manifesto pop, un oggetto d’arte destinato al consumo di massa ma capace di sopravvivere al tempo.

 

“Piuttosto che realizzare un’opera e venderla per un milione di dollari - dichiara Alberto Rossetti, curatore della sezione Pop a Palazzo Gromo Losa -  Warhol preferiva realizzare un milione di copie da vendere ad un dollaro ciascuna. Questa affermazione ci fa capire come Warhol non abbia creato solo un nuovo stile, ma una nuova visione dell’arte, profondamente trasformata anche nella sua forma materiale. Una rassegna a lui dedicata non può che presentare varie tipologie di produzione artistica. Emblematica in tal senso è la serie delle copertine dei vinili, che Warhol ha disegnato durante tutta la sua carriera, dal 1949 all’anno della sua scomparsa. Le cover sono state una sorta di palestra in cui sperimentare tutto ciò che avrebbe poi assunto una più importante dimensione. Lo stesso formato quadrato resterà privilegiato in molte delle sue opere maggiori, che saranno molto spesso delle serigrafie. Una tecnica che fino ad allora era considerata poco più che una forma di produzione industriale e che dopo di lui diventerà una delle più apprezzate e utilizzate da altri protagonisti della scena artistica.”

 

Segue la sezione dedicata alla rivista “Interview”, fondata e diretta da Warhol tra il 1969 e il 1984. Nelle copertine ideate dall’artista sfilano i volti di Annie Lennox, Salvador Dalí, Jack Nicholson, Dustin Hoffman e Marilyn Monroe: una galleria di celebrità che riflette il sogno americano e la fascinazione per la fama. Ad accompagnarle, materiali rari come i manifesti dei film “Trash”, “Frankenstein” e “Dracula”, in dialogo con fotografie di scena e campagne pubblicitarie, tra cui la celebre serie realizzata per Chanel.

 

Di grande fascino anche la serie di ventiquattro formelle in ceramica Rosenthal, realizzate nel 1987 e firmate dall’artista. Piccole icone che condensano il pensiero dell’ultimo Warhol, in cui arte e design, lusso e quotidiano si fondono in un unico linguaggio.

 

La mostra prosegue con i “Red Books”, che raccolgono le Polaroid realizzate tra il 1972 e il 1975: un diario visivo di amicizie e ossessioni che restituisce l’intimità della Factory. Vi compaiono Paloma Picasso, Mick Jagger, Marisa Berenson, Bianca Jagger, Jack Nicholson, Tony Curtis, Rudolph Nurejev e lo stesso Warhol, ritratti in scatti istantanei che oscillano tra confessione e posa.

 

Dopo alcuni libri con serigrafie dedicate agli amatissimi gatti, una rara serie di litografie dedicate a Mickey Mouse (1981, edizione CMOA), esalta il dialogo tra il mito Disney e la cultura popolare americana.

 

Il cuore della mostra è quindi occupato dalle serigrafie, tra cui le iconiche “Campbell’s Soup”, i “Flowers”, “Mao” e infine ben 10 “Marilyn” realizzate nella celebre edizione “Sunday B. Morning”, testimoniano l’idea di un’arte seriale, democratica e replicabile, in cui la ripetizione non annulla ma moltiplica il valore dell’immagine. Warhol trasforma una tecnica considerata minore in un linguaggio colto, capace di contaminare pittura, grafica e pubblicità. Accanto alle Marilyn sono “simbolicamente” presentati gli artisti che hanno raccolto più di altri l’eredità  di Andy Warhol: Jean-Michel Basquiat, Keith Haring e Jeff Koons

 

LA SERIE “VESUVIUS” DA GALLERIE D’ITALIA
Infine, una sala speciale, intitolata “Andy Warhol e l’Italia”, ospita due serigrafie della serie “Vesuvius” (1985) provenienti dalle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, accanto al ritratto di Joan Collins. Le opere celebra no il legame profondo dell’artista con il nostro Paese, dove, dagli anni Settanta, Warhol trovò ispirazione e riconoscimento. Napoli, Roma, Milano e Venezia furono tappe cruciali della sua carriera, così come il rapporto con il gallerista Lucio Amelio, che lo invitò nel 1980 per il progetto “Terrae Motus” dopo il terremoto dell’Irpinia. La serie “Vesuvius”, nata nel 1985 per la mostra al Museo di Capodimonte, riflette quell’intenso dialogo con l’Italia.

 

Due sculture luminose di Marco Lodola, dedicate a Warhol e a Marilyn aprono e concludono il percorso come un omaggio contemporaneo all’immaginario warholiano. Tutte queste opere, insieme, disegnano il ritratto di un artista che ha saputo reinventare il concetto stesso di immagine, restituendo alla superficie la sua profondità. Palazzo Gromo Losa diventa così un luogo dove, ancora una volta, la vita imita l’arte e tutto può essere meravigliosamente pop.

 

LA FACTORY DI WARHOL A PALAZZO FERRERO
La Factory di Warhol torna in vita in una sezione della mostra a Palazzo Ferrero concepita come un’esperienza che restituisce al pubblico l’anima più autentica di Andy Warhol. È una ricostruzione scenografica dello studio newyorkese che fu al tempo stesso laboratorio, scena, teatro e rifugio creativo di un’intera generazione.

 

Documentata dagli scatti di Stephen Shore e di tanti altri, la Factory riemerge come ambiente totale, un organismo percorribile in cui l’arte si confonde con la vita. Shore, in particolare, ne catturò la quotidianità senza mitizzarla, ritraendo Warhol e i suoi ospiti nel momento in cui il mito si stava ancora costruendo, restituendo un luogo che era più esperimento sociale che atelier.

 

Concepita da Warhol non solo come studio ma come spazio d’incontro e di metamorfosi, la Factory fu infatti un epicentro di contaminazione e mondanità, frequentata da protagonisti assoluti del Novecento — da Lou Reed a Mick Jagger, da Truman Capote a Salvador Dalí e Allen Ginsberg.

 

La mostra è stata realizzata in collaborazione con il Comune di Biella, Palazzo Ferrero Miscele Culturali, Associazione Stilelibero, Biella Città Creativa Unesco, RJMA, Art Book Web, Beside Arts e Promos (partner per la comunicazione). Main sponsor della mostra Gruppo Banca di Asti.

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INFO


Mostra “Andy Warhol. Pop Art & Textiles”
31 ottobre 2025 – 6 aprile 2026

Palazzo Gromo Losa (Corso del Piazzo, 22 – Biella)*
Palazzo Ferrero (Corso del Piazzo, 29 – Biella)*
(*) dal 1° settembre il servizio della funicolare sarà sostituito da un bus a pagamento.


Orari di apertura
Mercoledì e giovedì 15.00-19.00
Venerdì, sabato e domenica 10.00-19.00
1°novembre, 8 dicembre, 26 dicembre, 1° e 6 gennaio, 5-6 aprile 10.00-19.00
25 dicembre chiuso

 



 

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